In Lazio e Toscana progetto pilota di screening neonatale per la diagnosi precoce

È possibile salvare i nuovi nati dalle difficoltà di una malattia genetica rara come l’atrofia muscolare spinale? La risposta affermativa è nel test molecolare sviluppato presso l’Istituto di Medicina Genomica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e la dimostrazione è nell’avvio del progetto pilota di screening neonatale che partirà in Lazio e Toscana nei primi mesi del 2019, grazie alla collaborazione tra la stessa Università e il Policlinico Gemelli di Roma, i due governi regionali, l’Ospedale Meyer di Firenze, l’azienda farmaceutica Biogen e Famiglie SMA APS ETS, l’associazione dei genitori di bimbi e pazienti con questa patologia prima incurabile e mortale (SMA dall’acronimo dell’inglese Spinal Muscolar Atrophy).

«Stiamo parlando di una malattia rara ma il progetto riguarda tutti i neonati che verranno alla luce. Ci rivolgiamo soprattutto ai medici dei punti nascita affinché informino le donne in gravidanza sulla possibilità di frenare l’eventuale insorgere della malattia nei loro figli. Attraverso la somministrazione del farmaco in commercio è possibile, già nei primi giorni di vita del neonato affetto, garantire uno sviluppo motorio pari a quello dei suoi coetanei sani» spiega la presidente nazionale di Famiglie SMA APS ETS Daniela Lauro, che non trattiene un appello accorato ad aderire al progetto. «Si tratta di un’opportunità per l’intera società – continua – maggiore è la partecipazione, più precisa e determinata sarà la lotta alla malattia. La nostra campagna solidale si chiama proprio #facciamolotutti: fino al 6 ottobre è possibile donare un contributo a Famiglie SMA APS ETS chiamando da telefono fisso o inviando un sms al numero 45585 per contribuire e sostenere tutti in progetti messi in campo per debellare la malattia».

«È un progetto pilota tra i primi in Europa – afferma il prof. Francesco Danilo Tiziano dell’Università Cattolica – il test genetico è altamente specifico e individua con certezza il 97-98% dei casi di SMA. Occorre aggiungere solo una minima quantità di sangue del neonato a quello già prelevato per gli screening neonatali obbligatori. Entro pochi giorni dalla nascita e con costi contenuti riusciremo a ottenere i risultati e a sapere se il bambino sia affetto da SMA o meno. In caso di diagnosi di SMA potremo avviare immediatamente il trattamento in quei bambini che si prevede saranno affetti da una forma grave, molto prima che i sintomi si manifestino. Potremo così aumentare esponenzialmente l’efficacia della cura, fino ad ottenere addirittura uno sviluppo normale. È una prospettiva rivoluzionaria per una malattia genetica rara, divenuta realtà soltanto dopo l’introduzione (un anno fa in Italia) del Nusinersen. È la prima e unica terapia finora registrata al Mondo ed è in grado di contrastare il processo degenerativo della SMA».

Puntando ad analizzare i campioni di 140mila bambini, con il progetto pilota – che avrà una durata di due anni – si stima di identificare per tempo una ventina di pazienti, di cui l’80% affetti da forme gravi. In Lazio, l’iter burocratico è in fase di completamento; in Toscana, è al lavoro invece il Comitato Etico competente. «Tra gli obiettivi scientifici del progetto – aggiunge il prof. Tiziano – c’è quello di determinare la reale incidenza della SMA nella popolazione italiana. Proprio per le enormi possibilità offerte dal trattamento precoce, speriamo che lo screening neonatale della SMA possa diventare una best practice da estendere a tutte le altre regioni». «In molti, troppi casi di atrofia muscolare spinale, e in generale di malattia genetica rara, le famiglie attendono mesi per avere risposte certe e soprattutto un supporto – conclude la presidente Lauro – la diagnosi precoce può rovesciare questa prospettiva in maniera decisiva».

 

Comunicato del 21 settembre 2018

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